Sono a 40+3. Sembra una notte come tutte le altre. Mi sveglio per andare a fare pipì le solite mille mila volte.
Ore 6.00 non più solo pipì, qualche doloretto che sembra essere un mal di pancia mi esorta ad andare in bagno. Torno a letto e sdraiarmi non è più così facile. Sento di nuovo qualche dolore, torno in bagno e mi accompagna questo dolore che ora è localizzato sopra al pube. Torno a dormire ma sento che ogni dieci minuti questo dolore si ripresenta. Lo ricordo in realtà per Isabella lo avevo uguale, in quel punto. Torno a letto e abbraccio la mia piccola, ho la certezza che questo sarà l'ultimo giorno in cui il pancione sarà fra noi due.
Arrivano le 08.30. Papà si è già accertato di come sto e decide di andare a fare la doccia, sa che sarà un sabato diverso dal solito. Intanto Isabella si sveglia e come solito facciamo le nostre coccole anche se fatico a mantenere la posizione. Decidiamo di andare a fare colazione e piano piano scendiamo le scale. Mi piacerebbe fare colazione come tutte le mattine ma questo dolore diventa sempre più intenso.
Ore 9.30 decido di lasciare la bimba al papà e ai nonni e di andare a fare un bagno caldo dicono tutti che fa miracoli. Riempio la vasca con acqua calda e mi siedo ma sento che è meglio tenere il bacino sollevato. Uso il doccino per direzionare l’acqua bollente sulla pancia e questo mi da sollievo. Dopo una mezz’ora il papà viene a vedere come va e mi consiglia di andare. Io sono sempre titubante perché effettivamente a casa è più piacevole gestire il dolore. Penso però che ho ancora il viaggio in auto da fare e il ricovero e vorrei arrivarci in condizioni umane, così tra una pausa dalla contrazione e l'altra (cinque minuti di orologio) riesco a vestirmi e incamminarmi verso l'auto. Durante il viaggio quando sopraggiungeva una contrazione stringevo forte la maniglia e respiravo intensamente. Con mio marito dicevo “potremo mettere fuori il fazzoletto bianco “. Arrivati in ospedale scendo e mi devo subito appoggiare perché un'altra contrazione forte impedisce il movimento. Saliamo in reparto e un'ostetrica appena mi vede mi dice di entrare e chiede al papà di rimanere fuori. Mi siedo e rispondo alle domande dopodiché mi dice di seguirla, di spogliarsi e di mettersi sul lettino per la visita. Non faccio in tempo a piegarmi che sento un rivolo di liquido seguito da un abbondante scroscio.
Ore 11.22 rottura del sacco. Facciamo la visita e la dilatazione è di 8 cm. Escono a dire a papà di prepararsi: incredulo prende armi e bagagli e si precipita in sala parto. Siedo sulla mitica poltrona e le ostetriche iniziano la preparazione. Inizio a sentire di dover spingere e loro si preparano. In quel momento pensavo “oddio siamo già in questa fase, ce la farò?!”. Le ragazze mi incoraggiavano dicendomi che più entravo nel dolore prima sarebbe finito tutto. Io trattenevo il dolore in gola ma sapevo che doveva scendere più in basso. Così aspetto la contrazione e tiro le maniglie. La testa è fuori. “E’ una capellona" esclamano “vuoi toccarla?”. Ed io “no no". Poi ci ripenso e sento la testolina. Un altra spinta e Arianna piange.
Ore 11.55 è fatta.
Il papà taglia il cordone e dopo poco la mia piccola è sulla pancia nel suo bel telo verde. Ringrazio tutto il personale dell'ospedale che ha reso sicuro e possibile il mio parto. Ringrazio mio marito per essermi stato vicino e aver rispettato tutte le mi richieste. Ringrazio la natura per avermi fatto riprovare questo immenso momento.
È stato veloce ma ben gestito, sono molto fiera di me.
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