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mercoledì 31 ottobre 2012

Charles Baudelaire - Tristezze della luna

Nei suoi sogni la luna è più pigra, stasera:
come una bella donna su guanciali profondi,
che carezzi con mano disattenta e leggera
prima d’addormentarsi i suoi seni rotondi.

lei su un serico dorso di molli aeree nevi
moribonda s’estenua in perduti languori,
con gli occhi seguitando la apparizioni lievi
che sbocciano nel cielo come candidi fiori.

Quando a volte dai torpidi suoi ozi una segreta
lacrima sfugge e cade sulla terra, un poeta
nottambulo raccatta con mistico fervore

Nel cavo della mano quella pallida lacrima
iridescente come scheggia d’opale
e, per sottrarla al sole, se la nasconde in cuore.

Charles Baudelaire - I fiori del male

O promesse, o profumi, o baci senza fine, riemergerete mai dai vostri avari abissi, come dal mare giovani e stillanti, al confine celeste i soli tornano dopo la lunga eclissi? O promesse, o profumi, o baci senza fine!

giovedì 3 novembre 2011

Charles Baudelaire - Spleen e ideale - Il veleno


SPLEEN E IDEALE

XLIX

IL VELENO

Il veleno sa rivestire gli antri più sordidi
d'un lusso miracoloso,
e innalzare una fila di favolosi portici
nell'oro del suo vapore rosso
come un sole al tramonto in un celo nuvoloso.

L'oppio ingrandisce ciò che non ha limiti,
prolunga lo sconfinato
approfondisce il tempo, scava la voluttà,
e di piaceri neri e torvi
riempie l'anima oltre la sua capacità

Tutto ciò non vale il veleno che distillano
i tuoi occhi, occhi verdi,
laghi in cui si vede capovolta tremare
l'anima .. I miei sogni in folla
vengono a dissetarsi a quegli abissi amari

Tutto ciò non vale il terribile prodigio
della tua saliva che morde,
che la mia anima immerge nell'oblio
senza rimorsi, e al carro della vertigine
la fa rotolare sfinita alle sponde della morte!

mercoledì 2 novembre 2011

Charles Baudelaire - Spleen e ideale - Spleen


LXXVIII

SPLEEN

Quando il cielo basso pesa come un coperchio
sullo spirito che geme, preda d'un tedio ininterrotto,
quando dall'orizzonte abbracciando tutto il cerchio
dispensa di un giorno nero più triste della notte;

quando la terra si muta in un'umida cella,
e la Speranza, come un pipistrello maldestro,
va urtando i muri con la sua ala timida
a ai soffitti marciti cozzando con la testa;

quando la pioggia svolgendo le strisce sterminate
imita le sbarre di una prigione immensa
e accorre un popolo muto di ragni infami
che appende le sue reti dentro i nostri cervelli;

campane all'improvviso saltano su con furia
e scagliano verso il cielo un atroce lamento,
come spiriti erranti inquieti e senza patria
che si mettano a gemere ostinatamente.

       E carri funebri, senza tamburi ne musica,
mi sfilano nell'anima in lungo e lento corteo;
la Speranza, vinta, piange, e l'Angoscia, dispotica,
mi pianta sul cranio reclino il suo vessillo nero.

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