domenica 20 novembre 2022

Saman

Penso alla giornata mondiale della violenza sulle donne e penso a Saman, ad una ragazza che ha detto no ad un destino già scelto, un ragazza che ha dovuto avere paura di chi l'ha messa al mondo e cresciuta. Nemmeno hanno avuto la dignità di dire cosa avevano fatto ma anzi hanno nascosto il corpo e omesso ogni particolare. 

L'esser umano che sente di possedere il dono della vita e di poterne disporre a piacimento.  

Una ragazza di 18 anni che ancora aveva un futuro tutto da vivere, un amore da coltivare ostacolato dalla famiglia che aveva già fatto un patto per chissà quali interessi. Non riesco pensare alla sua sofferenza, al momento in cui è stata circondata dai suoi carnefici, consapevole e terrorizzata senza che nemmeno la madre che l'aveva partorita si interponesse a questa barbarie. 

Umiliante per tutto il genere umano e terribile che tutto possa avere origine da pratiche antiche come i matrimoni combinati di bambine.

Se dare un volto a questa tristezza può aiutare, eccola qui in tutta la sua innocente giovinezza. 

Saman




lunedì 14 novembre 2022

Leggimi

 Chiamami con il mio nome 

fammi sentire unica 

in questa moltitudine.

Segui le linee del mio cuore 

leggerai l'amore che provo 

ne subirai l'impeto.

Io, trama da esplorare.








domenica 13 novembre 2022

La mia preferita

Scrisse Einstein "Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata".


Sono nata in mezzo al verde dei campi e ai canti degli uccelli, per compagni di giochi ho avuto spesso animali, alcuni luoghi sono stati i miei più grandi ascoltatori in momenti difficili: la natura è per me l'unico tempio e l'unico Dio.
Ho scritto questa poesia d'estate seduta di fronte allo spettacolo della notte, quando la brezza si fa fresca e la tenue luce della luna colora d'avorio tutt'attorno. 
Una quiete apparente mentre dentro, i pensieri si annidano rumorosi, chiedendo di essere ascoltati.
Un solo oratore nessun giudizio, ma un unico desiderio: sentirsi accolti in luogo dove tutto è pace.
La poesia si intitola :


Preghiera


Notte,

effimera bellezza

come un rifugio ti vivo.

Proteggi le anime perdute, i loro segreti

incoraggi gli istinti, onori la verità.

Di fronte a te non esiste menzogna

a te si può confessare tutto.

Rimani ad ascoltare il mio dolce lamento

tienimi per mano

fammi sentire a casa.

sabato 12 novembre 2022

....quante come Serena



Siamo state amate e odiate,
adorate e rinnegate,
baciate e uccise,
solo perché donne.

(Alda Merini)



Si sposarono quando lei era incinta del loro primo figlio. Stavano insieme dall’età di venticinque anni.

Matteo, più giovane di qualche anno. Una famiglia sgangherata alle spalle: un padre padrone, una madre a casa equiparata a cameriera, lui era uno indipendente amante dell'arte di cavarsela da solo sempre, una persona semplice e pragmatica.

Serena ultima di tre figli, viziata e inconcludente dal punto di vista scolastico e lavorativo, amava la vita facile, poco incline all'ascolto dei consigli sia dei genitori sia dei fratelli.

Si erano conosciuti in una discoteca e da allora era iniziata la loro storia. Matteo si trasferì presto da lei perché viveva lontano ed i genitori dovettero mettersi l'anima in pace ed ospitarlo, di fronte alla richiesta imperativa della figlia.

Aveva un'impresa e già qualche tempo prima del matrimonio, rassicurava Serena sul loro futuro, dicendo che avrebbe pensato a tutto lui e che sarebbe stato bello se avesse scelto di stare a casa con i figli. Per Serena questo era un segno di grande amore e dedizione alla famiglia. Quando si trovava con la sorella spesso parlavano dell'argomento ma lei l'aveva sempre messa in guardia da questo tipo di atteggiamento dicendole che avrebbe potuto sfociare in un controllo assoluto della sua vita. Le diceva di avere un reddito suo per non dover dipendere da nessuno, amici suoi con cui uscire. Serena il più delle volte la ignorava e anzi tendeva ad arrabbiarsi impedendole di intromettersi nella sua vita, dicendole che era solo gelosa della sua bellissima storia d'amore.

Il tempo passava, i due ragazzi decisero di mettere su casa e la famiglia di Serena, come da tempo aveva deciso, le fece dono di uno stabile da ristrutturare che col tempo e la fatica resero abitabile prima del matrimonio. Arrivarono le nozze e immediatamente dopo, la nascita del figlio. Il piccolo cresceva e dopo qualche tempo ne arrivò un altro.

Con il tempo Matteo si era dimostrato un padre poco presente, tanto impegnato ad occuparsi del sostentamento della famiglia senza capire che la famiglia aveva bisogno di lui. Amore, gioco, complicità: queste cose erano a lui sconosciute.

Serena dedita alla vita dei piccoli, avrebbe voluto chiedergli una mano ma lui rincasava sempre distrutto, a malapena salutava e lei non se la sentiva di fargli carico di ulteriori fatiche.

Il peso delle fatiche contribuiva ad aumentare nervosismo e stanchezza in entrambi: una sera a cena, i piccoli erano più rumorosi del solito. Serena aveva bisogno di chiedere alcuni soldi per la settimana.

Matteo reagì malissimo iniziando ad urlare: "non riesci proprio a fare niente, ti ho dato cento euro settimana scorsa, li hai già finiti?!"

Serena rimase impietrita "ma ho fatto spesa e pagato i libri del piccolo, non ricordi?"

"Ma sì sì, come ti pare" e alzandosi, lanciò cinquanta euro sul tavolo.

"Se vuoi mi cerco un lavoro, non voglio che ti accolli tutto il peso economico della famiglia"

Matteo la guardò con aria di supponenza "Cosa vuoi fare tu? non sei neanche buona di gestire la famiglia cosa vuoi cercare. Sarà meglio che ti occupi dei tuoi figli" e uscì sbattendo la porta.

Ogni occasione era buona per umiliarla, frasi del tipo non sai crescere i figli, guardati sembri una poveretta, la cena fa schifo si susseguivano di giorno in giorno. Per non parlare di quando lei si offriva di aiutarlo sul lavoro: le urla si sentivano dalla strada, secondo lui era sempre tutto sbagliato.

Serena iniziava a pensare di essere un'incapace e quando era troppo piena e stava per scoppiare, si sfogava con i bambini urlando non appena qualcosa non andava come voleva. Pensava di essere brutta e poco attraente. Pensava di essere una madre pessima. Le persone che le gravitavano attorno cercavano di farle aprire gli occhi dicendole che stava perdendo il sorriso, che era sempre cupa, arrabbiata, tesa.

Serena rispondeva che non era vero, che era solo un periodo e che se questa era la mano che potevano darle, sapeva fare anche sola.

Con il tempo gli amici le telefonavano sempre meno, le visite si contavano sulle dita di una mano.

Durante la settimana il copione era sempre il medesimo ma quando arrivava il venerdì, Serena pensava che Matteo avrebbe voluto stare con la sua famiglia. Al contrario Matteo rincasava e dopo aver cenato, si preparava ed usciva rientrando spesso in tarda nottata.

Lei lo giustificava sempre, pensando che fosse necessario, ad una persona con i suoi ritmi, avere un momento di svago.

Il sabato era in giro per lavoro e la domenica a casa a sistemare gli affari.

Le vacanze non erano mai un occasione per stare insieme: non potevano pianificarle perché lui voleva sempre essere disponibile al lavoro e quindi per non sentirsi rinfacciare mancanze, gli costruì "il castello delle fiabe" direttamente in giardino: una piscina, un giardino sempre verde, giochi gonfiabili. Tutto quello che era possibile per evitare che Serena volesse andare da qualche parte. Sembrava che non dovessero mai uscire di lì. Gli amici iniziarono a vedere questa cosa: ogni volta che gli proponevano qualcosa loro declinavano l'invito rilanciando con un perché non venite da noi?. Una volta poteva andare, due anche ma poi le persone trovavano mille scuse per non andare.

La loro intimità era quasi inesistente: Serena cercava sempre di creare nuovi presupposti ma lui si giustificava dicendo che era stanco o che doveva smetterla di fingere. Le poche volte che cedeva alle avance proponeva un sesso gretto, volgare senza dolcezza. Non c'era interesse, né amore, né passione.

Il tempo passava, i figli crescevano. Sempre più nervosi, urlatori folli, qualche problema di apprendimento e qualche difficoltà di carattere affettivo. Ogni volta che la madre litigava con loro o che era esausta dopo un rimprovero diceva loro che se ne sarebbe andata per sempre. Loro sentivano questo è lo interiorizzavano. Era inspiegabile: prima parole di fuoco, urla e mani volanti e subito dopo appiccicati alla madre per paura di perderla.

Lei aveva i nervi a fior di pelle, i pranzi e le cene avevano sempre lo stesso copione: poche parole, occhiate più o meno scure, rimproveri sul tipo di cena che un bambino o l’altro non mangiavano. Serena, non appena il marito si alzava da tavola, si versava un bicchiere di vino e se lo beveva in un sorso e dopo avergli portato il caffè sul divano tornava in cucina e si beveva un amaro. Era l'unico modo per sentirsi leggera, per poter fantasticare su una vita diversa. Si sentiva in trappola, annientata senza dignità. Aveva pensato di trovarsi un lavoro che la portasse fuori di casa almeno qualche ora, ma lui si era prepotentemente scagliato contro questa sua decisione. Lei era sua proprietà e faceva ciò che lui diceva.

Una mattina si alzò, preparò la colazione e portò  i figli a scuola, quando rientrò a casa si sentì venire meno le forze e crollò a terra.

Si svegliò qualche ora dopo intontita e con un bollo rosso sulla fronte per la botta presa. Andò in bagno e si guardò il viso, "adesso che gli dico" pensò.

La giornata giunse al termine e arrivò ora di cena, quando Matteo arrivò a casa la guardò in viso e le chiese cosa avesse fatto, lei rispose che aveva sbattuto contro il mobile. Lui le disse che era talmente goffa che non riusciva nemmeno a muoversi senza farsi del male. Lei presa da un impeto di rabbia uscì dalla stanza sbattendo la porta. Lui si alzò per seguirla e disse ai ragazzi di rimanere seduti e chiuse la porta. La raggiunse in bagno e la prese per un polso. Dicendole che non si doveva permettere mai più di fare un gesto così davanti ai suoi figli.

Perché se no che mi fai disse Serena con gesto di sfida.

Non mi provocare.

Che fai dai, voglio vedere.

Lui non se lo fece ripetere due volte e le scagliò uno schiaffo che la tramortì e la fece cadere a terra priva di sensi. Immediatamente Matteo le disse di alzarsi e di smetterla di fare la scena ma Serena non riprendeva conoscenza. Si alzò girandosi verso la porta. I ragazzi erano lì che guardavano la scena allibiti.

Cosa fate lì impalati, datemi il telefono.

Chiamò l'ambulanza e disse loro che la moglie si era sentita male ed era priva di coscienza. Quando arrivarono la presero e la portarono giù in barella, andarono di corsa all’ospedale. La diagnosi era di esaurimento nervoso oltre ad alcune contusioni prese ovviamente dalla caduta. Doveva rimanere in ospedale per un po' di tempo.

Appariva denutrita, fegato in affaticamento, una forte crisi nervosa. Quando si svegliò, accanto a Serena c'era la madre che piangendo le domandava cosa fosse davvero successo. Serena piangeva ma non riusciva a parlare. Arrivarono i bambini con il padre, salirono sul letto per abbracciarla. Lei aveva lo sguardo fisso in alto e quando entrò il marito cominciò a tremare.

La madre disse che era meglio che tutti uscissero perché Serena doveva riposare.

Le chiese di nuovo: cosa c’e’ che non va?

Serena la guardò e disse: la mia vita non va.

La madre le prese la mano promettendole che l'avrebbe aiutata. Chiamò uno psicologo che all’insaputa del marito andava a trovarla due volte al giorno, quando nessun visitatore poteva entrare. Dopo due settimane era riuscita a esternare il suo malessere, dire la verità e acquisire il coraggio di denunciare il marito. La legge avrebbe avuto di sicuro un decorso lungo e problematico poiché doveva indagare su un processo di annientamento psicologico culminato con una violenza fisica, ma era l’unica cosa da fare per andare avanti. Da quel momento, al marito venne impedito l'accesso all’ospedale e un avvocato si prese a carico la separazione.

 

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venerdì 11 novembre 2022

Giulia

 C’è un momento che devi decidere: o sei la principessa che aspetta di essere salvata o sei la guerriera che si salva da sé…Io credo di aver già scelto…Mi sono salvata da sola.

Marilyn Monroe



Giulia ha una bella famiglia oggi. Un marito premuroso, una figlia dolcissima, un cane divertente, un buon lavoro. Il suo presente è denso di impegni che non la spaventano, li affronta giorno dopo giorno con la pazienza di una madre e l’entusiasmo di chi ama la vita. Il sabato è il giorno perfetto: tutti insieme a far colazione, un gioco nel prato per l’amata cucciola, rientro a casa dopo la spesa per preparare una bella cenetta, con sosta in videoteca per prendere un film da guardare a luci soffuse. 
Per lei quella vita era la cosa più bella, non avrebbe potuto immaginare di riuscire ad averne una così: serena, completa, magica. 
La sua infanzia sembrava non aver avuto ripercussioni sulla sua vita. La sua famiglia era a dir poco borghese, con forti radici cattoliche e molto in vista nel piccolo paese di provincia. Madre casalinga e padre avvocato. Lo studio del padre era il più famoso in città e lavorava anche con l'estero. Lui si aspettava un maschio da inserire come suo discepolo ma il destino aveva concesso loro una figlia femmina e nessun altra occasione per riprovare. A causa di questo Giulia venne cresciuta con una severissima educazione, mirata a formare la più importante avvocatessa della città, di condotta morale esemplare, di modi eleganti e di cultura elevata.  
Non le era consentito fare quasi nulla di quel che facevano i bambini della sua età, non le era concesso svago: niente parchetto al doposcuola, niente corse nei campi, niente case abbandonate da esplorare. La scuola, i compiti, le attività extrascolastiche e quelle domestiche, non c'era spazio per altro. 
Il padre non aveva mai parole tenere e confortanti ma al contrario sempre severe e mortificanti. Giustificava questo suo comportamento con un nome "disciplina ferrea" che secondo lui era l'unica carta da giocare per crescere un figlio che rispetti i genitori e si inserisca bene nella società. Una disciplina basata sul regime del terrore e della severità, nonché sulla continua mortificazione e svilimento di ogni cosa riuscita bene, mettendo Giulia in un continuo deficit di autostima e spingendola a lavorare sempre al massimo per conquistare gli obiettivi del padre.
Erano rare le volte in cui doveva subire rimproveri, essendo studentessa modello, ma quando capitava di aver preso un brutto voto a scuola,  Giulia doveva subire l'ira del padre che poteva essere verbale ma anche fisica a seconda dell’umore.  Quando questo accadeva la madre non era mai presente, trovava ogni scusa possibile per uscire da casa. Rientrando si rifugiava nel silenzio, non chiedeva e non voleva sapere e lasciava che la vita continuasse . Quando faceva il bagno a Giulia e vedeva i segni rossi sulle gambe o sulla schiena li ignorava,  senza nemmeno preoccuparsi di alleviarle la sofferenza con qualche unguento. 
Giulia però non era l’unica a subire. 
Capitava che ci fossero discussioni la sera, quando il padre rincasava e si trovavano a cena. Capitava pure che alzassero la voce. Giulia non alzava mai lo sguardo e puntualmente quando la discussione si faceva troppo animata il padre le intimava di andare in camera, incurante se avesse finito o meno di cenare e lei senza fiatare spostava la sedia e silenziosa se ne andava in camera chiudendo la porta alle spalle. Si infilava sotto le coperte con il cuscino sulla testa e gli indici pigiati su quel punto dell'orecchio che non fa sentire e se ne stava lì, recitando silenziosamente la poesia che sua nonna le cantava sempre quando aspettava l'autobus: il vento. Quello era il suo modo per cancellare dagli occhi quello che la mente le suggeriva stesse accadendo nell'altra stanza.  Così fuggiva nel suo mondo, un mondo fatto di colori, sorrisi, musica e natura le cose che e in assoluto amava di più.
La nonna era morta poco prima dei suoi quindici anni e Giulia aveva preso molto male la sua assenza. Era l'unico colore che c'era nella sua vita, l'unico affetto caldo e sincero che manifestava la sua presenza. Ripensare a lei, ricordarla la faceva sentire bene, amata. 
I giorni successivi a quegli eventi trascorrevano nella più totale indifferenza:  silenzio tombale alla presenza del padre e quando le capitava di rimanere sola con la madre, non si accennava per nessun motivo all'accaduto. 
Giulia cresceva in quel clima austero fatto di cose non dette, di omertà e di patimento . Cercava di essere sempre perfetta, in modo da non dover incontrare le mani del padre e pregava perché non vi fossero discussioni. 
Le attività extrascolastiche, fuori dai corsi di musica classica che amava o di danza che odiava, erano ricomprese unicamente nell'ambiente parrocchiale vista la natura della sua famiglia, per cui Giulia provò in quell’ambito a dedicarsi anima e corpo per stare il più possibile fuori da casa.
Iniziarono anche le prime conoscenze con l’universo maschile ma Giulia sapeva bene di non poter stringere amicizie che non fossero valutate ed approvate dal padre. 
Fece i campeggi estivi, entrò nel coro, organizzo le sagre estive: tutte queste cose contribuivano a farla rimanere impegnata senza pensare a ciò che accadeva in casa. 
In realtà Giulia benché nutrisse forti dubbi sul tipo di educazione che le dava suo padre e sul rapporto che lui aveva con la madre, non aveva mai messo in dubbio il modello educativo della famiglia e perciò non lo aveva mai confrontato con quello di nessun altro: prima cosa per evitare che la gente parlasse alle loro spalle e poi perché aveva, o doveva avere, rispetto dei genitori.
Pian piano il tempo passava e giunto il momento dell’università discusse con la famiglia la possibilità di accedervi. Il padre che nutriva grandi aspettative su di lei, le impose di iscriversi a giurisprudenza, anche se lei non era molto convinta per il bene di tutti iniziò quegli studi. 
L'università le piaceva e soprattutto le piaceva il clima di confronto e di discussione che aveva con i suoi coetanei durante le lezioni, in particolar modo con Gabriele, un ragazzo che aveva visto durante una lezione. 
Gabriele era uno spirito libero si vedeva da come affrontava la vita, non si curava di nulla rispetto agli altri studenti, quello che gli interessava non era fuori ma dentro la testa delle persone e si nutriva di quello per sopravvivere. Un giorno al termine di una lezione la fermò e le chiese se volessero prendere un caffè insieme. Giulia che prima di allora non aveva mai ricevuto un'attenzione di quel tipo, impegnata come era negli studi ma soprattutto attenta a proseguire il suo percorso di "specchiata condotta morale", accettò attirata fortemente da quel ragazzo che le faceva respirare un'aria diversa. 
Quel giorno rimasero a parlare a lungo: comprese che lui veniva da una famiglia normale che faceva molta fatica a reggergli l'università, lavorava in un bar nel weekend per arrotondare, amava la natura e dipingere, appena poteva infatti scappava sulle colline per fissare sulla tela le sfumature di verde baciato dal sole. Voleva intraprendere la carriera di avvocato non per diventare ricco ma per esercitare presso una Onlus che si occupava di tutela legale per persone disagiate. Non credeva e anzi aveva una pessima opinione delle persone devote alla religione perché secondo lui sono ottenebrate da una grande truffa che raggira e plasma a proprio favore. 
E tu? Cosa mi racconti di te?
A quella domanda Giulia rimase impietrita, lei rappresentava praticamente tutto ciò che lui non amava, in pratica la sua antitesi. Per un attimo rimase zitta ma poi decise di dirgli la verità, un valore sano in fondo i suoi genitori lo avevano insegnato. 
Beh vedi io sono esattamente il contrario di te, mi sono iscritta qui per volere di mio padre che ha uno studio in centro, la mia famiglia è estremamente cattolica ed io ho sempre frequentato quell'ambito da quando sono nata, amo la musica e ho studiato piano e violino. Una cosa in comune ce l'abbiamo: l'amore per la natura, quello sì. Bene e ora che so già che non vorrai rivedermi ti saluto qui, è stato bello conoscerti.  

Ehi ehi quanta fretta. Cos'è ti sostituisci al mio pensiero? Guarda che lavora benissimo da solo. Vedi tra i miei tanti pregi disse sorridendo io non ho pregiudizi e so benissimo che tu non sei come la tua famiglia. Si vede dalla luce che hai negli occhi. E' solo che sei cresciuta lì e hai fatto come potevi per arrivare fino ad ora. Ma adesso che mi hai conosciuto le cose cambieranno. 

Giulia arrossì. Gabriele era sicuro di sé quando pronunciava quelle parole, ma non aveva ancora conosciuto suo padre. 

Che c'è non ti fidi? Te lo concedo ma  ti invito a riflettere su questo incontro, per me è stato magico. La vita ci mette sempre di fronte nuove sfide e vuole che combattiamo per noi e per essere felici. Questa è un'occasione che ti ha dato, non sprecarla. Ci vediamo qui domani se ti va. Ciao

E così dicendo se ne andò sulla sua bici scassata. Giulia aveva il cuore leggero, era inebriata, si sentiva bene. Quella sera andò a casa e non chiacchierò molto. Voleva trattenere tutte quelle parole, quelle sensazioni dentro di sé senza che venissero intaccate da altro. 

Sei di poche parole Giulia? Cosa c'è qualcosa che non va? disse la madre. 

No no tutto benissimo. Perdonatemi ma non ho molta fame. Vado di là che devo studiare. 

Ecco brava. Vai pure. disse il padre alzando a malapena lo sguardo. 

L'indomani Giulia aveva solo un unico pensiero. Tornare in quel magico caffè dove si erano conosciuti. 
Finite le lezioni si precipitò e lui era là al bancone ad attenderla. 

Ah allora hai deciso di fidarti? disse con un sorriso

Adesso vediamo, però devo dire mi hai colpita con la storia della felicità disse Giulia. 

Continuarono la conversazione con una passeggiata nel parco dell'università vicino al fiume e si sedettero su una panchina a vedere i germani reali che portavano i piccoli a spasso. 

Guarda come sono premurosi con i loro cuccioli, devono stare sempre attenti, avere mille occhi. Hai presente quanti predatori ci sono tra aria e acqua? Eppure loro li incoraggiano ad andare, a buttarsi nella vita e ad affrontarla. Noi essere umani non siamo così. I nostri genitori spesso con le loro paure o con quelle che hanno creato per noi non ci permettono di andare. Ci fanno rimanere incastrati in errori o paure che non sono nostre e intanto la vita va avanti. 

Giulia si sentì tirata in causa. Sentiva che lei era una di quelli di cui parlava. Sentiva l'esigenza di vuotare il suo cuore e non capiva come potesse in così poco tempo provare questa sensazione. Voleva dirgli tutto, alleggerirsi ed essere nuova, senza pesi che la tiravano a fondo. 

Hai proprio ragione. Vedi Gabriele è da pochissimo che ci conosciamo e questa è già la seconda volta che ti dico che presto non ti vedrò più. 

Ma come?! L'hai detto una volta sola ed oggi sei qui. Me lo vuoi dire ancora?!

Eh sì vedi, non so che mi succede ma sento l'esigenza di raccontarti alcune cose. E stavolta son sicura che ascolterai ma poi vorrai andare. 

Ma va, va. Tu inizia e poi ti dico io. disse con un sorriso rassicurante Gabriele. 

Così Giulia, in quel pomeriggio cullato dal fruscio dell'acqua, raccontò la sua storia a Gabriele, per la prima volta nella sua vita decise di aprirsi con una persona che aveva catturato la sua fiducia. Gli raccontò della sua infanzia e della sua famiglia, di quel padre austero che non l'aveva mai lasciata libera, di quel padre che l'aveva imprigionata nella vita che avrebbe voluto per suo figlio, di quel padre che talvolta alzava le mani su di lei e su sua madre. 
Gabriele al termine del suo racconto si alzò. 

Allora te ne vai? Vedi che avevo ragione?

Scusami Giulia ma devo muovermi, devo respirare. Ho bisogno di bicicletta. Ti prometto che domani sarò di nuovo qui ma ora ho bisogno di andare. 

La baciò sulla fronte e se ne andò. 
Giulia rimase ancora un po' lì ad ascoltare il fiume mentre il suo viso veniva rigato dalle lacrime, certa di aver perso quello che avrebbe potuto essere il suo grande amore. Rientrò nel tardo pomeriggio a casa. 

Giulia oggi non dovevi andare a lezione? disse la madre. 

Era mercoledì e lei si era completamente scordata. 
Eh purtroppo sono rimasta in facoltà, c'era un convegno e il professore aveva richiesto la mia presenza. 
Ho capito ma almeno potevi chiamare per disdire, sarebbe stato un gesto di cortesia non credi?!

Si mamma, hai ragione chiamo subito per scusarmi e si rintanò in camera. 

Il giorno dopo andò in facoltà certa di ritornare alla sua vecchia vita, quella prima di quel pomeriggio di libertà e invece con sua grande sorpresa Gabriele l'attendeva proprio davanti al cancello. Il cuore le batteva forte e incalzò il ritmo del suo cammino per giungere da lui. 

Ciao, che sorpresa vederti gli dice prontamente. 

Ciao! Ti avevo promesso che sarei tornato no?! e le stampò un bacio sulle labbra a cui seguì un intenso abbraccio. 

Giulia rimase ferma immobile. Aprì gli occhi e lo guardò. Era felice di quel bacio tanto da rendergliene un altro, incurante di tutto e tutti.

Giulia ti offro un salto nel vuoto! disse Gabriele. 

Cosa vorresti dire? 

Quello che mi hai raccontato ieri mi ha profondamente scosso, sai. Da ieri non faccio che pensare a tuo padre e a come abbia potuto fare quello che mi hai detto e dentro mi cresce una rabbia immensa. 

Giulia abbassò lo sguardo. 

E' da molto che non succede più, il tempo cura le ferite. 

Che fai lo giustifichi? Io non posso accettare che un genitore o un marito usi la violenza per farsi rispettare. Mi spiace sia tuo padre ma se fosse il mio me ne sarei già andato. Sei una persona intelligente e non capisco come tu abbia potuto rimanere con loro. 

La fai facile tu.

No, Giulia non la faccio facile Gabriele si scurì in volto nessuno ha detto che lo è. Credo però che ognuno di noi abbia un dovere verso la vita: fare tutto ciò che può per essere felice. Per farlo abbiamo bisogno di essere liberi, liberi da vincoli familiari, da pregiudizi, da costrizioni. Non avresti dovuto accettare il futuro che ti veniva cucito addosso perché tu hai diritto di scegliere ciò che desideri per te. 

Giulia scoppiò a piangere. 

No non devi piangere, anzi devi reagire se veramente senti che stai sbagliando. Ci sono persone che in una vita intera non si accorgono nemmeno di subire la vita. Tu sei riuscita a svegliarti da questo sonno ed ora sta a te. 

Ma io cosa vuoi che possa fare contro mio padre? contro la mia famiglia?

Ancora non capisci, non è questione di fare qualcosa contro ma di fare qualcosa per te. Giulia tu mi piaci ma mai e poi mai potrei entrare nella tua famiglia. Per cui te lo dico ora, se vuoi iniziare qualcosa con me sappi che io non sarò quel fidanzato che i borghesi considerano "perbene" che va vestito elegante a pranzo dai suoceri la domenica, dopo essere andato a messa e a prendere le pastarelle. Immagino che tuo padre abbia una specie di decalogo per le caratteristiche che dovrebbe avere il tuo ragazzo ed io immagino, di non possederne nemmeno una e dico per fortuna. Quindi stare con me non potrà far altro che metterti in cattiva luce di fronte ai suoi occhi. Io non voglio cazzate come queste, io voglio stare con te tranquillamente e alla luce del sole. Ora, per la prima volta nella tua vita, fai una scelta!  

Giulia ancora non sapeva come sarebbe riuscita guadagnarsi la sua libertà ma sentiva che voleva stare con quel ragazzo, voleva conoscerlo, vedere i suoi pensieri. 

Servirà un po' di tempo per .... disse Giulia. 

Ti fermo subito, non dire nulla. Io non voglio parole ma fatti. Devi dirmi se lo vuoi veramente?

Giulia si fermò un attimo e con un respiro disse di sì.
Si baciarono a suggellare la loro promessa e si lasciarono prima di entrare a lezione. Giulia pensò tutto il giorno a quello che Gabriele le aveva chiesto. Non pensò a come fare a dirlo al padre ma si limitò a pensare che voleva vivere quella relazione in piena libertà
La sera a cena decise di parlare con i suoi genitori dicendogli che aveva conosciuto una persona e che voleva frequentarla. Suo padre alzò gli occhi e disse: 

Intanto prima mi devi dire chi è e poi decido io se va bene o no.
No papà, non ti dirò chi è. Devi imparare a fidarti di me. A me piace e questo dovrebbe essere sufficiente.. 

Il padre scoppiò in una sonora risata e disse:

E' un gioco vero?

No papà affatto. E te lo dico ora: se per qualche motivo mi impedirai di vederlo io me ne andrò. 

Il padre visibilmente scosso si alzò e fece per andare da lei, ma lei si alzò di scatto

Fermati. Non sono più una bambina, non puoi più trattarmi come allora. Questa è la mia decisione. 

Tu non sai quello che dici. Sei impazzita? Tutti questi anni per farti diventare una persona rispettabile ed ora perdi la testa per il primo che capita. Non te lo permetterò.
Giulia esclamò: Papà basta questa è la mia decisione. 

Il padre preso da un impeto d'ira la schiaffeggiò davanti agli occhi bassi della madre e Giulia anziché chinare lo sguardo alzò il viso e lo guardò negli occhi con gesto di sfida. 

Questo è il massimo che sai fare? Ma non saranno le botte a farmi cambiare idea papà, ora la mia vita la scelgo io.

Questo lo vedremo, se decidi di frequentarlo qui non c'è più posto per te e ovviamente i fondi verranno automaticamente tolti. Non avrai più un centesimo e nessun aiuto da parte nostra.
Perfetto, siamo d'accordo e così dicendo se ne andò nella sua stanza, chiudendosi a chiave per paura di essere raggiunta.

Durante la notte non dormì un momento ma pianificò tutto: inviò alcune mail per trovare un posto letto vicino all'università e si appuntò i numeri di telefono; preparò silenziosamente le sue cose in alcune scatole, nei giorni successivi avrebbe pensato all'armadio. Se ne voleva andare il prima possibile per dimostrare alla sua famiglia che era quello che voleva. L'indomani venne contattata da una ragazza che cercava una coinquilina e a mezzogiorno già aveva appuntamento per conoscerla. Gabriele la chiamò subito dopo: 

Allora come è andata? Hai ancora una casa? disse sorridendo.

In realtà ne ho una nuova da qualche ora. Domani porto la mia roba.

Ma è il risultato della conversazione con i tuoi genitori?

E' il mio salto nel vuoto! 

Sono felice per te, così si fa! Hai preso in mano la tua vita!

In serata tornò e si chiuse in camera, preparò tutto valigie, libri qualche ricordo. Era pronta. 
Il fattorino sarebbe andato il giorno dopo quando il padre e la madre erano fuori casa e avrebbe preso tutta la sua roba. Quella mattina uscendo di casa si guardò alle spalle, alzò lo sguardo per incontrare quello della madre che silenziosa attendeva di poterla salutare prima dell'università, come ogni giorno. 
Ciao mamma, voglio dirti che ti voglio bene ma non farò la tua fine. Io voglio essere libera di vivere la mia vita e soprattutto voglio stare con una persona che mi rispetta, che mi stima e che non ha bisogno della violenza per tenermi stretta.
e si chiuse la porta alle spalle.

Quella fu l'ultima volta che si videro, Giulia aveva scelto.

giovedì 3 novembre 2022

Delicatezze

Ho sentito oggi questa canzone di Nicolò Fabi e come sempre mi inchino alla sua enorme capacità di raccontare, su note davvero dense d'emozione, le storie di ognuno di noi.
In questa decide di raccontarci della seconda possibilità dopo una separazione e lo fa con una delicatezza ed una maturità esemplari.

Mi sento di citare questo passaggio:

Permettere a un altro
Di occupare il nostro spazio
E di guardarlo da dentro
Dentro i confronti e le sostituzioni
Un altro che vive con i nostri fantasmi
E che ci spinge verso il futuro
Sfida il nostro equilibrio
E ci toglie il respiro

Tu mi perdonerai mai?
Sì che mi perdonerai
E io mi perdonerò mai?
Sì che mi perdonerò

E intanto sono già
Al di là del ponte
La mia condanna, lo sai
È andare oltre


Andare oltre 

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