sabato 6 giugno 2020

Non solo capanna

Dopo questo lockdown tutti parlano della sindrome della capanna ovvero quel desiderio di rimanere a casa e limitare al massimo i contatti con l'esterno e con gli altri. Io noto che da quando il mondo è ripartito ho una sensazione perenne di tristezza e sconforto. Credo però che non sia colpa del lockdown, periodo in cui, a margine delle incertezze per il futuro, ho potuto godere della presenza di mio marito, delle bambine, dei nonni, vivere le casa e la famiglia. È tutto iniziato dopo, con la persistenza delle misure di allontanamento con la prospettiva di non poter vivere le situazioni di prima: concerti, feste, teatri etc.; l'episodio americano di razzismo, che peraltro non è né il primo né l'ultimo, e la violenza che ne consegue; l'episodio dell'elefantessa a cui è stata inflitta una penosa sofferenza; il disastro ambientale di gasolio in Russia; la morte prematura di un collega di cancro. È difficile pensare positivo in un periodo come questo e soprattutto non riesco a vivere serenamente nel pensiero che le piccole vivranno questo mondo che stiamo trattando in modo spregevole. Ho sempre pensato che loro possano essere il cambiamento ma devono arrivarci e sembra che qui abbiamo tutta la voglia di non lasciare nulla di fatto bene. Mi limito a vivere la giornata, al meglio possibile, avendo rispetto per questa vita e questo mondo, cercando di dedicare all'amore e alla bellezza il  massimo di me. Sono sicura che anche questo conta!

Ragazza triste

Nessun commento:

Posta un commento

I più visualizzati