Niente abbracci, niente baci, niente chiacchiere, sola con le mie piccole custodi ad aspettare che il tempo passi e ci restituisca la negatività.
Il loro papà è in ospedale e loro sono tranquille perché sanno che ci sono i dottori e non può succedere nulla.
Io ho paura, tanta. L'ansia di avere una sintomatologia grave e di non potermi occupare delle bambine, ansia di avere qualcosa dentro che nessuno conosce e fa danni, ansia per mio marito che è solo in ospedale, ansia di addormentarmi.
Un amico ieri ci lascia, vinto dal dannato virus e io sento il cuore che mi sobbalza dentro.
Spero ogni giorno che i nonni non abbiano nessun sintomo, vorrei potergli fare abbracciare le loro nipotine vedendoli ridere insieme, ma non posso.
Sento le ambulanze, spesso, troppo spesso e mi ritrovo indietro nel tempo a quel marzo 2020, con ancora più incertezze.
Mando giù Tachipirina e rimango in allerta su ogni nuovo sintomo, così come nelle bambine.
Non sento gusti e odori, nemmeno della pizza che ho fatto con Isabella per cambiare un po' questa tremenda routine, che a volte sta stretta a tutte noi.
Una giornata che scorre tra telefonate, messaggi, cartoni, giochi e sembra essere sempre più lunga.
Guardo il calendario, perdo l'ordine dei giorni in cui tutto questo ha avuto inizio e non vedo ancora la fine.
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