giovedì 10 luglio 2014

Non innamorarti di una donna che legge, di una donna che sente troppo, di una donna che scrive…
Non innamorarti di una donna colta, maga, delirante, pazza.
Non innamorarti di una donna che pensa, che sa di sapere e che, inoltre, è capace di volare, di una donna che ha fede in se stessa.
Non innamorarti di una donna che ride o piange mentre fa l’amore, che sa trasformare il suo spirito in carne e, ancor di più, di una donna che ama la poesia (sono loro le più pericolose) o di una donna capace di restare mezz’ora davanti ad un quadro o che non sa vivere senza la musica. Non innamorarti di una donna intensa, ludica, lucida, ribelle e irriverente. Che non ti capiti di innamorarti di una donna così.

Perché quando ti innamori di una donna del genere, che rimanga con te oppure no, da una donna così non si torna indietro.

Mai.

Martha Rivera Garrido

lunedì 7 luglio 2014

Il senso di appartenenza


Un tempo queste immagini le consideravamo strazianti, dolorose, facevano rimanere in silenzio, aprendo una voragine nel cuore e ci spingevano a chiederci come fosse possibile che in un altro posto nel mondo un essere umano stesse lottando contro la fame e la sete, immerso in una guerra civile avendo come unica possibilità imbracciare un fucile  a dieci anni e andare a combattere.
Forse eravamo dotati di un senso di appartenenza diverso, più alto o quantomeno esistente.
Credo che in questo tempo si sia davvero abbandonato questo senso e si sia votato tutto all'individualismo più sfrenato e a "mor tua vita mea".
Mi chiedo ora come possiamo, vedendo questa immagine, sentirci completamente indifferenti alla sofferenza altrui?!
Vedo social network riempiti di tenere immagini di animali, frasi sull'amore e sulla famiglia; telegiornali densi di gossip, di articoli sulla tintarella, sul concerto degli one direction o sull'ultimo ipad air.
Mi domando quando abbiamo perso il senso della vita, quando abbiamo smesso di preoccuparci degli altri essere umani? Come abbiamo fatto ad essere comprati da tre potenti al mondo che ci fanno credere di avere bisogno di ogni piccola cazzata tecnologica mentre dall'altra parte del mondo quel bambino è ancora lì che aspetta l'acqua?!
Abbiamo sviluppato un senso d'egoismo terribile.
Gli stessi social sono pieni di frasi contro qualsiasi persona/cosa possa definirsi "straniero"  senza capire che non ci possono essere stranieri! Chi ha deciso che la nostra parte del mondo dovesse essere per sempre la più ricca, la più civilizzata, dove non ci sono malattie e si vive nel rispetto del prossimo? Chi ha deciso che questo debba essere solo nostro per sempre?
Il flusso migratorio è una conseguenza  della vita sulla terra. Ogni essere umano ha diritto di cercare un posto migliore dove vivere, a maggior ragione se deve scappare da una guerra o da una situazione di disagio.
La cosa che deve cambiare è il come riuscire ad andarsene. Tutti gli immigrati hanno dovuto rispettare regole e queste regole le fanno gli uomini. I delinquenti che trasportano vite umane con costi esorbitanti senza garantire nessun tipo di riuscita dell'impresa e nessun tipo di soluzione sono e rimangono delinquenti. Le politiche che devono essere fatte da coloro che hanno preso l'impegno di governare un paese o una comunità, dopo decenni ancora non ci sono e le persone continuano a morire, a riempire i centri di accoglienza regalando ai razzisti la possibilità di fomentare l'odio.
E tutte le volte che c'è una tragedia del mare tutti a indignarsi e a spargere le corone di fiori in mare....ma le soluzioni non arrivano.
Un papa una volta disse "gli occhi dei bambini africani giudicheranno il mondo". Come è possibile dall'alto di questa istituzione rimanere pietrificato negli schemi dello stato del vaticano. Non voglio dare addosso sempre a loro, anche se magari eviterei di parlare se sono consapevole che non riesco a fare nulla, però reputo davvero ipocrita predicare l'amore, la fratellanza, l'altruismo e non praticarlo.
Chiaro è che non possiamo andare tutti nei paesi flagellati da guerre e carestie ad aiutare le persone ma sarebbe doveroso che l'occidente democratico e civilizzato riconoscesse la sua avidità e CONDIVIDESSE il vivere su questa terra. Ha fatto comodo, e continua a farlo, invadere paesi con la scusa di salvarli solo per prosciugare le risorse preziose e andarsene con più danni di quelli che si sono trovati. D'altronde non ci si spiegherebbe perché guerre come il Darfour o la Costa d'Avorio non sono mai state prese in considerazione nonostante le migliaia di morti ma d'altronde cosa c'era da prendere: nulla. Creiamo associazioni umanitarie che con tutti i rischi del caso e con i tempi propri di una associazione a scopo benefico vadano a tamponare i danni senza però porre fine alla tragedia. Dario Fo disse che questo deve diventare il tempo della condivisione: credo che l'imperativo sia più che mai corretto e credo che se i potenti non rinunceranno a privilegi e denari fatti sulle spalle della povera gente la povera gente debba a tutti i costi ribellarsi. Ma per povera gente non intendo chi non ha risorse o voce in capitolo: intendo tutti noi che abbiamo la possibilità di mettere in schiena uno stato se solo lo volessimo e sentissimo il senso dell'appartenenza.

domenica 6 luglio 2014

La mia classe di Daniele Gaglianone - 2014

Cammino lungo il fiume, in una città straniera. Piove, piove sempre, In giro non c'è nessuno.  In lontananza vedo qualcosa. Riconosco un cane randagio, magro, bagnato che viene verso di me. Ci fermiamo. Mi abbasso e gli faccio due carezze forse tre. Lui sta lì fermo. Lo guardo mi rialzo e inizio a camminare. Lui inizia a seguirmi e rimane al mio fianco, proprio come fosse il mio cane. Mi accompagna fino a casa. Arrivo al portone che non è proprio un portone ma un arco, oltre l’arco c’è una scala e a metà di questa scala un cancello. Lo guardo e lui mi guarda come dire "bè andiamo". Inizio a salire le scale e lui mi segue fino al cancello. Io non posso farlo entrare la padrona è stata molto chiara “niente animali in casa” .  Apro il cancello e lo richiudo subito dopo di me. Lui fa qualche scalino mi guarda e si siede sull'ultimo di fianco al cancello. Allora mi siedo anch'io e rimaniamo così uno da una parte e uno dall'altra. Passano cinque, dieci minuti non lo so. Mi alzo e faccio per andare a casa e lui mi vede andare via e inizia a gridare, strillare, non sta abbaiando sta urlando poi inizia a scagliarsi violentemente contro il cancello. Io ho paura e so che se non ci fosse quel cancello mi si scaglierebbe addosso e mi azzannerebbe.  Corro verso casa e spero che il cane vada via. Apro la porta e in fretta la richiudo. Ma lui non ha smesso di urlare. Strilla forte che io sono un traditore


La mia classe di Daniele Gaglianone
         con Valerio Mastrandrea

Splendido film nel film sull'immigrazione e le sue sfaccettature.

domenica 29 giugno 2014

Alessandro Chelo - "Il coraggio di essere se stessi"

[...] Molte scuole di pensiero in ambito sociologico si fondano sull'idea che l'emancipazione debba passare necessariamente dal conflitto. Questo fa nascere l'idea che che un comportamento aggressivo non possa che essere autentico mentre uno gentile sia necessariamente ipocrita. [...] Alcune frasi nascondano la tentazione di cedere a questa distorta legge di autenticità tipo "dico quello che penso". Nell'alibi di dire ciò che si pensa sovente si nascondono scarso rispetto verso gli altri, presunzione, aggressività, chiusura mentale spacciata per sicurezza di sé e una discreta dose di ottusità. [....] Non sarebbe suggeribile invece concentrarsi sul pensare a ciò che si dice? [..] L'autenticità è cosa ben diversa dall'essere dominati dalle proprie emozioni aggressive o ipercritiche. [..] L'adozione di un comportamento autentico implica la volontà di "ascoltare il contesto" in cui ci si trova, superando la malcelata tentazioni di mettersi al centro dell'attenzione per dimostrare agli altri la nostra presunta autenticità. [..] Un atteggiamento spudorato può essere interpretato come libero ma può rappresentare anche un segnale di insensibilità ed esibizionismo.

Alessandro Chelo -  "Il coraggio di essere se stessi"

Vita vera

Una vita autentica non può prescindere dal riconoscere il proprio tempo. Vivere nostalgicamente significa rinunciare al vivere "qui e ora", condizione invece indispensabile per una vita vera. La coerenza non consiste nel rimanere uguali a se stessi a dispetto di tutto; consiste invece nell'evolvere con il divenir del mondo ricercando se stessi nelle nuove dimensioni che il mondo propone.

Alessandro Chelo 

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