lunedì 1 dicembre 2025

Lettera a Franco Arminio

Questo il testo che ho portato a MonzA per la 9 edizione di XFctor letterario 


Lettera a Franco Arminio

Ciao Franco

è la mattina del 15 di agosto e sono qui seduta ad un tavolo mentre le bambine e mio marito stanno dormendo di là.

Mi sono ritagliata un momento per leggere il tuo libro “La cura dello sguardo” in questo tempo così intimo: il fresco del mattino, il silenzio e la calma del giorno di festa.

Ho abitudine di appuntarmi ciò che mi colpisce di un libro, perciò, mi sono ritrovata a riscrivere alcuni passi e mentre scorrevo le pagine ho visto il tuo indirizzo e mi sono detta perché non fartelo sapere?

Diverse punti hanno catturato la mia attenzione:

nel capoverso foschia della mezz’età parli delle contadine ottantenni di paese mettendole a confronto con quelli sui cinquanta: “quelle vecchine sono lontane da ogni forma di psicologia si presentano come corpi” [..] “dai settanta in giù ti arriva una lingua senza luce, una foschia morale, uno zig-zag tra luoghi comuni e vittimismi, disincanto e cinismo”.

Chissà forse mi sono sentita tirata in causa per la mia età ma sono conscia di essere ben diversa da questa descrizione. Comprendo però che esiste un momento in cui c’è una sorta di arresa al mondo: si ripongono le armi e si smette di combattere, rifugiandosi in una lingua che tutti parlano. Mi auguro vivamente di non arrivarci a quel momento, non lo sopporterei.

Credo che scrivere, leggere, praticare arte in genere, contribuisca a renderci persone diverse dalla moltitudine, persone che combattono per la libertà dagli schemi sociali e dal luogo comune.

Ancora, quando parli dei giovani in non dare ordini dici: “ci sono dei luoghi e dei momenti in cui ti senti vecchio […] vedi i ragazzi di vent’anni che girano, si sistemano ai bar, li vedi in macchine parcheggiate non sai bene come stanno ma sai che tu sei da un’altra parte [..] La giovinezza ti sembra che la usino male [..] devi capire che è cambiato il modo di affrontare il mondo. Il sentimento di cambiarlo non è più così diffuso, prevale l’ansia di trovare un posto, un minimo ancoraggio [..] Non devi spiegargli la loro vita, si sente che hai questa pretesa”.

Viviamo in un momento storico difficile ma al contrario di tutti quelli che colpevolizzano i giovani vedo che molti di loro hanno interessi, aprono nuove strade, raccontano differenze con il loro linguaggio. Noi adulti troviamo spesso più confortevole additarli come incapaci, arroganti, insensibili perché non abbiamo voglia di andare oltre, ci fermiamo a ciò che i mezzi social ci mostrano: una massa informe, senza regole e senza ideali.

Nutro grande speranza dei giovani e sono molto critica su chi li cresce, me compresa: invece che aiutarli a capire il presente li abbiamo lasciati soli, senza mappe da seguire per comprendere come vivere con tutte le assenze e le lacune di una società che NOI siamo responsabili di aver creato: senza punti fermi, dominata dal capitale e in balia della più becera pornografia umana.

Ho due bambine ed ogni giorno mi interrogo su come le stiamo crescendo consapevole del fatto che ci voglia anche una buona dose di fortuna.

Noi genitori però dobbiamo abbandonare il bisogno di controllo e tornare a crescerli con fiducia, offrendogli i mezzi per sviluppare un sano senso critico. Spesso scordiamo che stiamo crescendo degli individui, che il nostro compito è stare al loro fianco e accompagnarli creando un ambiente sereno e di principi forti e saldi.

In questi giorni una persona che conosco ha perso una figlia quattordicenne in circostanze tragiche probabilmente indotte dalla cattiveria di un mondo celato dietro lo schermo, facente parte di un fenomeno chiamato cyberbullismo.

Proprio dietro quello stesso schermo ne leggo ogni giorno la forza, l’attaccamento al ricordo, la tenacia con cui conduce una battaglia contro un dolore senza proporzioni, certa di essere sorretta dall’anima della sua dolce bambina.

Mi ritrovo a piangere spesso, interrogandomi sul perché possano succedere cose del genere e mi ritrovo vinta da rabbia e paure. Poi però mi calmo e razionalizzo e confermo a me stessa che nulla possiamo contro questa vita: è un insieme di troppe cose che non possiamo controllare a volte splendide altre volte assurde e tragiche, d’altronde, questa è la miseria della condizione umana.

Nel ricordo scrivi:"noi non siamo qui per contare i soldi ma i respiri e un funerale serve a far girare i volti verso i morti, perché chi pensa ai morti apre le ali a ogni altro altrove, non partecipa al plebiscito di non conoscere chi siamo”.

Allora penso a quella ragazzina, alla sua famiglia e tengo vivo questo pensiero dentro di me, forse anche egoisticamente perché serve a rammentare a me stessa come ogni giorno posso donare più amore alle persone che mi circondano, a quelle che contano davvero.

Ciò che credo, come scrivi in contro la paura è “essere entusiasti per qualcuno o qualcosa ci difende da molte malattie. Stare zitti ogni tanto, guardare più che parlare. Capire che siamo immersi nell’universo e che non potremmo vivere senza le piante mentre loro resterebbero anche senza di noi.”

Ho sempre pensato alla natura come ad un tempio: l’anima torna in comunione con l’universo. Ogni elemento ci insegna ad essere grati, ci aiuta a comprendere la bellezza delle cose apparentemente scontate che si manifestano nello sbocciare di un fiore o nel sorgere del sole, a ricondurre la nostra presenza su questa terra ad un evento che non trascende il tempo ma che anzi ha un principio ed una fine e perciò ad apprezzarne l’unicità e l’importanza di viverne ogni attimo.

Mi sono dilungata anche troppo ma voglio ringraziarti per la tua produzione letteraria: il tuo attaccamento alla natura che contiene tutta l’essenza dell’esistenza, la tua onestà nel parlare della vita, della morte e delle paure, la tua saggezza umana e il tuo modo così diretto di entrare nell’anima.

Grazie Franco

I più visualizzati