domenica 15 gennaio 2012

Legalità - Giovani Tizian racconta Gotica alla Feltrinelli di Modena



Un giorno a Modena per riscopre la legalità.
Mi avvicino alla Feltrinelli in lieve ritardo e fuori trovo già una trentina di persone, qualche poliziotto e la voce in stereofonia del sindaco Pighi. Mi faccio coraggio ed entro. I ragazzi di daSud (http://associazionedasud.blogspot.com) sono seduti davanti a Giovanni Tizian (classe 1982 di Bovalino comune della Locride giornalista free lance presso la Gazzetta di Modena, ha collaborato con numerosi mensili e testate d’inchiesta che si occupano delle infiltrazioni mafiose) , Alberto Nerazzini (classe 1973 di Modena, giornalista freelance d’inchiesta approdato a Report nel 2008) e Giovanni Gualmini giornalista della Gazzetta di Modena. Pighi introduce con le solite belle frasi della politica dopodiché passa la parola al direttore della Gazzetta (Gruppo l’Espresso) . Nel pubblico si scorgono i visi noti di Matteo Richetti Presidente dell’Assemblea legislativa Regionale, Caterina Liotti Presidente del Consiglio Comunale ed esponenti del CUP per le professioni di Modena. Il Direttore della Gazzetta introduce un argomento importante e sempre troppo sulla bocca di tutti senza molte soluzioni: Giovanni Tizian è un giornalista free lance e come tale, come peraltro succede per una moltitudine di professioni, sottopagato e precario. Il gruppo promette di regolarizzare al più presto il contratto di Tizian. Cosa doverosa ma non solo per la notorietà acquisita in quest’ultimo periodo, ottenuta purtroppo causa lo scalpore della notizia di assistenza da scorta armata, ma per la devozione, passione ed impegno che un ragazzo di 29anni mette nella sua professione. Giovanni rispondendo alla prima domanda di Gualmini parla della situazione nel territorio modenese che è tutt’altro che rosea. Si parla di una mafia ben radicata che non agisce sui mercati “sporchi” della droga, del contrabbando ma piuttosto sul tessuto economico della regione in termini di edilizia privata e sanitaria, ristorazione, gioco e professioni agendo per mezzo dei cosiddetti colletti bianchi. Si parla di radicato proprio perché essa agisce di concerto con la società in tutti quei settori che sono propri del tessuto economico del luogo. Nerazzini prendendo la parola sottolinea come sia difficile raggiungere e fare battaglia dall’alto visti anche gli ultimi accadimenti del Parlamento (il voto per l’assoluzione di Cosentino festeggiato come un party post-partita) ma di iniziare dal piccolo anche sul personale: quanti di noi hanno negli occhi l’onestà? Riflettendo sulla nostra persona abbiamo la certezza di essere puri e incorruttibili? Solo così si può cominciare a creare un tessuto pulito capace di sovvertire le sporche regole della mafia, e soprattutto a partire dalla politica sino ad arrivare al professionista o all’impresa ci siano i poteri per allontanare, con giustificate prove, chi si macchia di azioni illecite. Si guardi solo alla nostra città – continua Nerazzini – qui spuntano rotonde ogni 2 metri, costruzioni private che invadono la città, come non naturale porsi delle domande. Si dovrebbe intervenire dal piccolo territorio creare una cultura della legalità perché poi questa si diffonda liberamente. Si prosegue parlando degli appalti pubblici e della difficoltà di controlli sui sub appalti: finché le gare d’appalto saranno assegnate col criterio del massimo ribasso non ci sarà nessuna evoluzione. Le imprese colluse continueranno a proporre prezzi stracciati, che riusciranno sempre a mantenere grazie ai costo zero dello smaltimento rifiuti, della mano d’opera, dei materiali e a fare le spese di questo sistema saranno sempre le aziende che invece operano in regola con i costi reali, costrette quindi a emigrare per poter lavorare a causa dei prezzi non concorrenziali. E poi che il prodotto finale sembra non interessi mai e si sa che quando le cose sono fatte male hanno sempre costi altissimi di manutenzione o di gestione a posteriori. Un lamento è venuto da un’esponente della CME che ha acquisito alcuni lavori a L’Aquila ed ha subappaltato ad un’impresa del territorio lavori  per 25.000Euro: i certificati antimafia arrivati con ritardo ma in regola non avrebbero potuto fare presagire della corruzione dell’impresa cosa che si è poi rivelata falsa. Lo Stato diventa quindi una parte essenziale nella lotta alla mafia. La burocrazia, i processi di assegnazione, i controlli sono tutti elementi che dovrebbero essere creati o modificati in modo da generare un percorso virtuoso che assicuri procedimenti puliti ed esenti da infiltrazioni. Ovvio che questo “processo pulito” andrebbe poi esaltato per rendere noto alla comunità qual è la strada da perseguire poiché si sa che la mafia cerca sempre di mettere a tacere tutti quelli che parlano di loro e delle loro azioni generando omertà nelle persone e inerzia nei governi. La parola chiave è l’unione. La solidarietà mostrata a Tizian è esemplare e fa ben pensare ma come giustamente ha sottolineato Nerazzini la solidarietà da persone che poi alla domanda “cosa fate per bloccare la mafia?” rimangono in silenzio e tentano risposte inutili non ci interessa e ne facciamo volentieri a meno. La vera solidarietà mostrata a questa persona, che non vuole essere considerato eroe ma solamente un uomo che ha passione e impegno per il proprio lavoro con costanza, dedizione e determinazione, sta nel continuare a perseguire la legalità e cercare in ogni modo e in ogni forma possibile, soprattutto con i comportamenti sociali, di contrastare questo fenomeno mettendo in luce il più possibile quanto è invisibile agli occhi dei più. E allora diciamo sì a “IO MI CHIAMO GIOVANNI TIZIAN” cercando di analizzarci e di trovare nelle piccole cose di ogni giorno nel nostro lavoro e nella vita sociale una coerenza di comportamento che ci permetta di mostrare una solidarietà sincera e ci consenta di unirci davvero al suo lavoro e alla sua battaglia.

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