Io ero venuto qui solo, senza radio, senza giornali, senza televisione,
ingenuità forse…e mi ritrovo addosso in un attimo quello da cui ero scappato, o
meglio, da cui credevo di essere scappato. E’ bastato un niente: quella
finestra quella fluorescenza un simbolo per carità uno specchio magico … no,
una lente di ingrandimento del tutto sì, della volgarità dilagante.
La volgarità degli oggetti, delle case, delle parole. La
volgarità delle facce dei vestiti delle risate. La volgarità degli uomini
politici degli intellettuali, degli attori, dei cantinati, del successo. La
volgarità del mondo intero tutto dentro la scatola nel tubo….sì la fluorescenza:
tutta la volgarità del mondo minuto per minuto.
E’ per questo che scappi da tutto, perché senti che ti fa
male, un male fisico, ti fa male dentro. E diventi più brutto e più cattivo. E
non te ne accorgi perché oramai è la tua vita, la normalità. Perché la
volgarità è in tutto. La volgarità dei giornalisti, dello scoop, dell’informazione.
La volgarità dei presentatori col pubblico che applaude, che ride, che
partecipa. E i bambini che telefonano, che giocano e gettoni d’oro, i biscotti,
i profilattici… di più sempre di più Niente te ne stai lì inchiodato, instupidito,
ipnotizzato. Sì la fluorescenza, la fluorescenza. E’ lei che fa venire il cancro.
Ce l’ho addosso, ce l’abbiamo addosso. E se ne parla, invece di vergognarsi si
discute: questo è meglio, questo è peggio. Zitto zitto…basta!
Bisognerebbe urlare dentro la propria testa, sì urlare
dentro la propria testa!
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